lunedì 5 settembre 2011

ABBI CURA

di Raymond Carver

Dalla finestra la vedo chinarsi sulle rose
reggendole vicino al fiore per non
pungersi le dita. Con l'altra mano taglia, si ferma e
poi taglia ancora, più sola al mondo
di quanto mi sia mai reso conto. Non alzerà
lo sguardo, non subito. È sola
con le rose e con qualcosa che riesco solo a pensare, ma non
a dire. So bene come si chiamano quei cespugli
regalatici per le nostre nozze tardive: Ama, Onora e Abbi Cura...
è quest'ultima la rosa che all'improvviso mi porge, dopo
essere entrata in casa tra uno sguardo e l'altro. Ci affondo
il naso, ne aspiro la dolcezza, lascio che mi s'attacchi addosso - profumo
di promessa, di tesoro. Le prendo il polso perché mi venga più vicina,
i suoi occhi verdi come muschio di fiume. E poi la chiamo, contro
quel che avverrà: moglie, finché posso, finché il mio respiro, un petalo
affannato dietro l'altro, riesce ancora a raggiungerla.



SOLITUDINE

di Antonia Pozzi


Ho le braccia dolenti e illanguidite
per un'insulsa brama di avvinghiare
qualche cosa di vivo, che io senta
più piccolo di me. Vorrei rapire
d'un balzo e poi portarmi via, correndo,
un mio fardello, quando si fa sera;
avventarmi nel buio per difenderlo,
come si lancia il mare sugli scogli;
lottar per lui, finché non rimanesse
un brivido di vita; poi, cadere
nella più fonda notte, sulla strada,
sotto un tumido cielo inargentato
di luna e di betulle; ripiegarmi
su quella vita che mi stringo al petto -
e addormentarla - e anch'io dormire, infine...
No: sono sola. Sola mi rannicchio
sopra il mio magro corpo. Non m'accorgo
che, invece di una fronte indolenzita,
io sto baciando come una demente
la pelle tesa delle mie ginocchia.






MATRIMONIO

di Adelia Prado


Ci sono mogli che dicono:
Mio marito, se vuole pescare, che peschi
ma i pesci poi se li pulisca.
Io no . A qualsiasi ora della notte mi alzo,
lo aiuto a squamare, aprire, tagliare e salare.
E' così bello, noi due da soli in cucina,
ogni tanto i gomiti si toccano

lui dice cose come: "Questo è stato difficile"
"Brillava nell' aria con colpi di coda"
e fa il gesto con la mano.
Il silenzio della prima volta che ci siamo visti
attraversa la cucina come un fiume profondo.
Alla fine, i pesci nella teglia,
andiamo a dormire.
Cose argentee guizzano:
siamo sposo e sposa.




domenica 4 settembre 2011

LA TUA PUPILLA E' AZZURRA

di Gustavo Adolfo Béquer


La tua pupilla è azzurra quando ridi
la sua dolce chiarezza mi ricorda
il fulgore tremulo del mattino
che si riflette nel mare.
La tua pupilla è azzurra e quando piangi
le lacrime trasparenti la velano,
come gocce di rugiada
sopra una violetta.
La tua pupilla è azzurra e se un'idea
come un punto di luce in fondo brilla,
mi sembra nel cielo della sera
una perduta stella.

PRENDIMI, STRINGIMI, CAREZZAMI PIANO

di Harriet Löwenhjelm


Prendimi, stringimi, carezzami piano,
abbracciami gentilmente per un attimo.
Piangi pure per un così amaro destino.
Rimani, tenero, a guardarmi riposare un po’.

Non andartene – Vuoi certo rimanere
fino a quando non me ne vada io stessa?
Appoggia la tua cara mano sulla mia fronte.
Ancora per un breve attimo siamo in due.

Questa notte morirò – la fiamma incerta di una candela.
Un amico è seduto e mi tiene la mano
Questa notte morirò – a chi posso chiedere
dove sto per andare, in che posto lontano?
Questa notte morirò – dove troverò il coraggio?

Domani rimarrà solo un povero corpo,
pietoso, amaramente indifeso,
che verrà portato nel suo ultimo viaggio
per essere inghiottito dalla nuda terra.
 



DOVE SEI TU E' IL MATTINO

di Cesare Pavese

Tu eri la vita e le cose.
In te desti respiravamo
sotto il cielo che ancora è in noi.
Non pena non febbre allora,
non quest'ombra greve del giorno
affollato e diverso. O luce,
chiarezza lontana, respiro
affannoso, rivolgi gli occhi
immobili e chiari su noi.
È buio il mattino che passa
senza la luce dei tuoi occhi.

LA PASSEGGIATA

di Anna Achmatova


La piuma urtò il tetto del calesse.
Io lo guardai negli occhi.
Il cuore si struggeva, non sapendo nemmeno
la causa della pena.
Sera senza vento, avvinta di tristezza
sotto l’arco del cielo nuvoloso,
il Bois de Boulogne pareva
tracciato a china in un album antico.
Aroma di benzina e di lillà,
una guardiga quiete...
Di nuovo egli toccò le mie ginocchia
con la mano che quasi non tremava


L'INCONTRO

di Katerine Mansfield 

E iniziammo a parlare,
guardandoci un attimo, schivi, con imbarazzo.
La tristezza chiamava lacrime,
ma non piangevo; desideravo
prenderti la mano, ma un tremito diffuso
me lo impediva.
Contavi i giorni che mancavano
a un altro appuntamento,
ma entrambi sentivamo nel cuore,
che soli ce ne andavamo per sempre.
Il suono acuto di una campana riempì la stanza.
"Ascolta" dissi "batte forte come un cavallo
che galoppa su una strada deserta
e che si perde nella notte scura."
Tacqui stretta tra le tue braccia
finché il rintocco vinse anche il battito dei nostri cuori.
"Non posso andarmene" dicesti,
"la mia vita è qui, in eterno."
Ma te ne andasti.
Tutto era cambiato. Il rintocco giunse sopito,
debole, sempre più fioco.
Dissi alla notte: "Se smette devo morire".



VECCHIA MARIA

di Ernesto Guevara de la Serna (Che)


Vecchia Maria, stai per morire,
voglio dirti qualcosa di serio:
la tua vita è stata un rosario completo di agonie.
Non hai avuto amore d'uomo,salute e denaro,
soltanto la fame da dividere con i tuoi.
Voglio parlare della tua speranza,
delle tre diverse speranze
costituite da tua figlia senza sapere come.
Prendi questa mano d'uomo che sembra di bambino
tra le tue levigate dal sapone giallo.
strofina i tuoi calli duri e le pure nocche
contro la morbida vergogna delle mie mani di medico.
Ascolta, nonna proletaria:
credi nell'uomo che sta per arrivare
credi nel futuro che non vedrai.
Non pregare il dio inclemente
che per tutta la vita ha deluso la tua speranza
e non chiedere clemenza alla morte
per veder crescere le tue grigie carezze.
I cieli sono sordi e sei dominata dal buio,
su tutto avrai una rossa vendetta,
lo giuro sull'esatta dimensione dei miei ideali.
Tutti i tuoi nipoti vivranno l'aurora,
muori in pace vecchia combattente.
Stai per morire vecchia Maria,
trenta progetti di sudario
ti diranno addio con lo sguardo
il giorno che te ne andrai.
Stai per morire vecchia Maria
rimarranno mute le pareti della sala
quando la morte si unirà all'asma
e consumerà il tuo amore nella tua gola.
Queste tre carezze fuse nel bronzo
(l'unica luce che rischiara la tua notte)
questi tre nipoti vestiti di fame,
sogneranno le nocche delle tue vecchie dita
in cui sempre trovavano un sorriso.
Questo sarà tutto, vecchia Maria.
La tua vita è stata un rosario di agonie,
non hai avuto amore d'uomo, salute, allegria,
soltanto la fame da dividere coi tuoi.
È stata triste la tua vita vecchia Maria.
Quando l'annuncio dell'eterno riposo
velerà di dolore le tue pupille,
quando le tue mani di sguattera perpetua
riceveranno l'ultima ingenua carezza,
penserai a loro. . . e piangerai,
povera vecchia Maria.
No non lo fare,
non pregare il dio indolente
che per tutta una vita ha deluso la tua speranza
e non domandare clemenza alla morte.
La tua vita che fu orribilmente vestita di fame
finisce vestita di fame.
Ma voglio annunciarti,
con la voce bassa e virile delle speranze
la più rossa e virile delle vendette
voglio giurarlo sull'esatta
dimensione dei miei ideali.
Prendi questa mano d'uomo che sembra di bambino
tra le tue levigate dal sapone giallo.
strofina i tuoi calli duri e le pure nocche
contro la morbida vergogna delle mie mani di medico.
Riposa in pace vecchia Maria,
riposa in pace vecchia combattente,
i tuoi nipoti vivranno nell'aurora
LO GIURO!
 

NOSTALGIA

di Giuseppe Ungaretti


Quando
la notte è a svanire
poco prima di primavera
e di rado
qualcuno passa

Su Parigi s'addensa
un oscuro colore
di pianto

In un canto
di ponte
comtemplo
l'illimitato silenzio
di una ragazza
tenue

Le nostre
malattie
si fondono

E come portati via
si rimane

DITE

di Janusz Korczak


Dite:
è faticoso frequentare bambini.
Avete ragione.
Poi aggiungete:
bisogna mettersi al loro livello,
abbassarsi,inclinarsi,curvarsi,farsi piccoli.
 
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
E' piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi
fino all'altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi,allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.

sabato 3 settembre 2011

ROMA NON E' BESLAN

di Gabriella Sica

A noi non ci hanno sparato alle spalle
in una bella mattina di sole
noi siamo mamme fortunate
più morte che vive al sentire la bestia là
è il primo giorno di scuola anche a Roma
io e Rita parliamo al Caffè delle Arti
di figli e di scuola e di mariti scomparsi
che non ci possono ascoltare.
Il suo l’ha portato via un brutto male
il mio no è vivo ma non per me.
Sono tre anni da quel settembre
i morti non sono morti e sono tra noi vivi.

venerdì 2 settembre 2011

IL TUO CUORE LO PORTO CON ME

di Edward Cummings


Il tuo cuore lo porto con me
lo porto nel mio cuore
non me ne divido mai
dove vado io, io lo porto con me
e vieni anche tu, mia amata.

Qualsiasi cosa fatta da me
la fai anche tu, mia cara,
perché il mio fato sei tu, mia dolce.
Non voglio il mondo perché il mio mondo
più bello, più vero sei tu.

Questo è il nostro segreto profondo,
radice di tutte le radici
germoglio di tutti i germogli
e cielo dei cieli
di un albero chiamato vita
che cresce più alto di quanto l’anima spera
e la mente nasconde,
la meraviglia che le stesse separa.

Ma il tuo cuore esiste nel mio


giovedì 1 settembre 2011

IL TUO MORIRE

di Mark Strand

Niente riusciva a fermarti.
Non  il giorno più bello. Non la quiete. Non l' ondeggiare dell'oceano.
Continuavi a morire.
Non gli alberi
sotto cui camminavi, non quegli alberi che ti davano ombra.
Non il dottore, il giovane dottore dai capelli bianchi che già una volta ti aveva salvato.
Continuavi a morire.
Niente riusciva  a fermarti. Non tuo figlio, Non tua figlia
che ti imboccava e ti aveva reso di nuovo bambino.
Non tuo figlio che credeva saresti vissuto per sempre.
Non il vento che ti strattonava il bavero.
Non l'immobilità che si offriva al tuo movimento.
Non le scarpe che ti appesantivano.
Non gli occhi che si rifiutavano di guardare avanti.
Niente riusciva a fermarti.
Te ne stavi in camera e guardavi la città
e continuavi a morire.
Andavi al lavoro e lasciavi che il freddo ti penetrasse i vestiti.
Lasciavi trasudare sangue nei calzini.
Il volto ti si faceva bianco.
La voce ti si spezzava in due.
Ti appoggiavi al bastone.
Ma niente riusciva a fermarti.
Non gli amici che ti consigliavano.
Non tuo figlio. Non tua figlia che ti guardava rimpicciolire.
Non la stanchezza che viveva nei tuoi sospiri.
Non i polmoni che si riempivano d'acqua.
Non le maniche che sopportavano il dolore delle braccia.
Niente riusciva a fermarti.
Continuavi a morire.
Quando giocavi con i bambini continuavi a morire.
Quando ti accomodavi a pranzo,
quando ti svegliavi la notte, bagnato di lacrime, il corpo scosso dai singhiozzi,
continuavi a morire.
Niente riusciva a fermarti.
Non il passato.
Non il futuro con il suo bel tempo.
Non la vista dalla finestra, la vista del cimitero.
Non la città. Non la città orrenda dagli edifici di legno.
Non la sconfitta. Non il successo.
Non facevi altro che continuare a morire.
Avvicinavi l'orologio all'orecchio.
Ti sentivi venir meno.
Stavi a letto.
Ti mettevi a braccia conserte e sognavi il mondo senza te,
lo spazio sotto gli alberi,
lo spazio in camera tua.
gli spazi che si sarebbero fatti vuoti di te,
e continuavi a morire.
Niente riusciva a fermarti.
Non il tuo respiro. Non la tua vita.
Non la vita che cercavi.
Non la vita che hai avuto.
Niente riusciva a fermarti.




VORREI SEDERMI VICINO A TE...

di Garcia Lorca 


Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,
ma non ne ho il coraggio: temo che
il mio cuore mi salga alle labbra.

Ecco perché parlo stupidamente e nascondo
il mio cuore dietro le parole.
Tratto crudelmente il mio dolore per paura
che tu faccia lo stesso.

Il mio cuscino mi guarda di notte
con durezza come una pietra tombale;
non avevo mai immaginato
che tanto amaro fosse
essere solo
e non essere adagiato nei tuoi capelli.