lunedì 8 dicembre 2014

IMMIGRANTI

di Meria Delmar


Una terra con cedri, con olivi,
una dolce regione di fresche vigne,
lasciarono vicino al mare, abbandonarono
per il fuoco d'America.

Conservavano tra le labbra
il sapore della resina,
e il fumo profumato del narguileh
negli occhi,
mentre la nave si perdeva tra le onde
lasciandosi dietro le pietre di Beritos,
la valle gioiosa ai piedi delle colline,
e i banchetti del vino attorno alla tavola
preparata nell'estate
sotto il cielo pieno di gemme.

Il mare cambiò nome
una volta, un'altra e un'altra ancora
fino ad arrivare alla scottante riva
dove veloci raffiche
di uccelli dipingevano
di colori e musica improvvisa
l'istante,
e il fragore dei fiumi imitava il ruggito
del giaguaro e del puma
nascosti nella selva.

Su rive e su montagne costruirono case
come in passato la tenda nelle verdi oasi
l'antico avo, e le vecchie parole
iniziarono a scambiare
con le parole nuove
per chiamare le cose,
e seppero condividere il cuore con grandezza
come prima l'otre d'acqua nella sete del deserto.
A volte quando suona il liuto della memoria
e la prima stella
brilla nella sera
ricordano il giorno
in cui il bled scomparve lentamente
dietro l'orizzonte.