domenica 3 luglio 2016

NON C'E' ABBASTANZA SILENZIO

di Hilda Hilst


Non c’è abbastanza silenzio
Per il mio silenzio.
Nelle prigioni e nei conventi
Nelle chiese e nella notte
Non c’è abbastanza silenzio
Per il mio silenzio.
Gli amanti nella stanza,
I topi nel muro.
La ragazzina
Nei lunghi corridoi del collegio.
Tutti i cani perduti
Per i quali ho sofferto:
Il mio silenzio è maggiore
Di tutta la solitudine
E di tutto il silenzio

SEDIAMOCI E PARLIAMO

di Roberto Rebora


Sediamoci e parliamo
giro la chiave della porta
entriamo dove c'è
un paesaggio di forme conosciute
una camera con cose delle quali
ho già detto una volta
quando ho compiuto il gesto di arrivare...
non è tana o rifugio
o il luogo dove un vecchio si ferma
forse è una sosta di quiete e di silenzio
muri con una finestra la' in fondo.
Entriamo dunque e sediamoci
non manca nulla
neppure lo sgomento
e la gioia che gioca con le ombre
e l'evidenza splendente degli enigmi
e le risposte non date
e l'attesa ancora
e la serenità anche
timorosa tentatrice...
Lo so che per ripetere
sei venuta voce di domani
che nasce dal semibuio del passato...
procediamo non soli
con una morte sconosciuta accanto...
conosciamo di noi sempre altro
volti che affiorano
e il sussurrio ritrova
sillabe non disperse nel tempo.
Se riposo a volte
sento gridare aspetta
e riconosco chi grida
ed altri che verranno...
siamo pronti forse
a risponderci pacatamente.



POESIA

di Donald Justice

Questa poesia non è dedicata a te.
Forse ci entrerai un pochino,
ma nessuno ti troverà qui, nessuno.
Sarai cambiata prima della poesia.
Proprio mentre te ne stai seduta lì, immobile,
hai già cominciato a svanire. E non importa poi molto,
la poesia andrà avanti anche senza di te.
Hai lo splendore fittizio di certe assenze.
Non è che sia triste, veramente, solo vuota.
Una volta sì, forse, era triste, chissà poi perché.
Preferisce non ricordare nulla.
Le nostalgie se ne sono staccate tanto tempo fa.
Qui non c’è posto per il tuo genere di bellezza.
E’ la notte il cielo di questa poesia.
Troppo nero per le stelle.
E non ti aspettare illuminazioni.
Tu non puoi né devi capire quel che significa.
Senti? Arriva senza chitarra,
non è né stracciata né vestita di porpora.
E non ha niente che possa rincuorarti.
Chiudi gli occhi, sbadiglia pure. Sta quasi per finire.
Dimenticherai questa poesia, ma non prima
che essa abbia dimenticato te. E non importa poi molto.
E’ stata più bella proprio nelle cancellature.
O specchi sbiancati! Oceani degli annegati!
E un silenzio non è uguale a un altro.
E quel che ne pensi tu non importa poi molto.
Mica è dedicata a te, questa poesia.


 

LA TUA VOCE AL TELEFONO

di Dario Jaramillo Agudelo


La tua voce al telefono così vicina e noi così distanti,
la tua voce, amore, dall’altra parte della linea e io qui solo, senza te, dall’altra parte della luna,
la tua voce al telefono così vicina, rassicurandomi, e tu così lontano da me, così lontana,
la tua voce che ripassa i compiti fatti insieme,
o che rammenta un numero magico,
che al di sopra del chiasso del mondo mi parla per dire in linguaggio cifrato che mi ami.
La tua voce qui, o in lontananza, che dà senso a tutto,
la tua voce che è la musica della mia anima,
la tua voce, suono dell’acqua, scongiuro, incantesimo.







SOLLEVA IL CAPO

di Marija Škapskaja


Solleva il capo e osserva il cielo:
l’un l’altra s’inseguono le nubi.
Si sfiorano appena e già sono divise,
perdute, l’una per l’altra.
Così anche noi ci separiamo,
anche noi ci perdiamo, in questo mondo.
Abbassa il capo e guarda il mare:
l’un l’altra si rincorrono le onde.
Si scontrano appena e già sono divise,
perdute, l’una per l’altra.
Così anche noi ci separiamo,
anche noi ci perdiamo, in questo mondo.




LO SPECCHIO

di Maria Luisa Spaziani


Io mi ricordo onde che s’infrangono
molto più forti rapide violente
contro scogli giganti alla cui vetta
non si leva nemmeno per scongiuro
mai la mano dell’uomo. Ne ricordo
l’orgoglio ed il candore, l’inesausta
potenza nel creare cattedrali
che nessun occhio sfiorerà nel tempo,
che rifiutan preghiere, e che nel rombo
millenario riscoprono la musica
che fu prima dell’Arca, che la terra
espresse singhiozzando eppur rapita
nel suo stesso morire.



CREDIMI, TENTO

di Luciano Luisi


Credimi, tento. Ma forse potresti aiutarmi!
Lo so che non concedi
attenuanti, mi accusi di pretesti,
non mi vuoi dare fiducia e non credi
che cerco di corregermi.'Dovresti
cambiare-dici-ormai mettere i piedi
per terra'. Alla mia età! Ma tu sapresti
farmi tornare indietro? E non lo vedi
ciò che ogni giorno escogito per fingere
che l'armonia fra vivere e sognare
non abbia scosse, e come sappia tingere
d'azzurro ogni orizzonte. Ma noi siamo
ciò che sogniamo e chi la può strappare
l'essenza della linfa dentro il ramo?


L'ULTIMA CENA

di Maria Do Rosario Pedreira


Portò le parole e le mise sulla tavola.
Le portò nelle mani chiuse (alcuni dissero
che nascondeva solo le ferite del silenzio).

Le posò sulla tavola e cominciò ad aprirle adagio,
adagio come il passare del tempo quando il tempo
non passa. E dopo le distribuì agli altri,
si moltiplicò in dita, in parole (qualcuno disse
che sarebbero arrivate e tutti, avrebbero oltrepassato i secoli e
avrebbero avuto la durata del tempo quando il tempo perdura).

Cenò insieme a tutti con il pane non lievitato e il vino aspro
delle magre viti del monte che i venti decimavano.
Quando si alzò, c'erano ancora parole sulla tavola,
cose da dire negli avanzi del pane che qualcuno aveva lasciato,
ferite profonde nelle mani che chiuse in silenzio e adagio.

Lì vicino un fico fioriva. In attesa.

POSARE UN MATTONE SU UN ALTRO

di Philip Larkin


Posare un mattone su un altro,
aggiungerne un terzo ed un quarto,
non lascia il tempo di chiedersi
se ha un senso quello che fai.

Ma star seduto con mattoni intorno
coi venti che imperversano dal cielo
meditando su quello che dovesti
fare o sul quel che puoi - toglie ogni dubbio.

HORTULUS

di Marino Moretti


Io non odo i miei passi sul tappeto
d’erba su cui m’aggiro
contenendo il più piccolo respiro
come per cura d’essere discreto.
Ricordare è qui dolce. Ogni fil d’erba
potrebbe ricordare
ché molto sa. Quante memorie care
questo stretto recinto anche ci serba.
Qui si può amare e il crisantemo e il verme
e il vaso della menta,
l’ultimo cespo e la corolla spenta,
la foglia secca e le fogliette inferme.
Esser qui sempre come un’ombra, come
un’indistinta forma di passante;
restare fra le piante
non più di un’ombra, che, fra tante, ha un nome.




TRE ANNI DOPO

di Juan Gustavo Cobo Borda


Mi manca ancora tanto per sapere di te,
ancora ignoro tutto,
perché il bacio è un’altra forma di interrogarti.
Per questo, man mano che il desiderio
diventa sogno,
soffio sul tuo volto
affinché gli occhi, aprendosi,
riconoscano in questa freschezza insospettata
la loro confidenza più intima.
Ancora mi manca tanto per sapere di te,
ancora ignoro tutto,
ma questa luce che ti disegna,
mentre cammini nuda nella stanza,
e ti fissa nel suo ocra dorato,
è già sufficiente, e mi basta.



UNA VOCE

di Yves Bonnefoy


Ascoltami rivivere nei boschi
sotto il fogliame della memoria
dove verdeggiante trascorro,
sorriso calcinato di antiche piante sulla terra,
stirpe carbonacea del giorno.
Ascoltami rivivere, ti conduco
al giardino di presenza,
abbandonato alla sera e ricoperto d’ombre,
abitabile per te nel nuovo amore.
Ieri deserto regnante, ero una foglia selvatica
e libera di morire,
ma il tempo maturava, nero compianto delle valli,
la ferita dell’acqua nelle pietre del giorno.



24 giugno 1923 - 1° luglio 2016